Il terzo episodio della rubrica “Manifesti in Pillole” a cura di Sofia Caprioglio intende accendere i riflettori su uno dei casi più noti legati alla grafica aziendale e su come il potere comunicativo dei manifesti pubblicitari abbia permesso un’evoluzione esponenziale dell’Olivetti.

Dal 1908, una delle colonne portanti della città di Ivrea è sicuramente la presenza dell’azienda Olivetti. Fondata in quell’anno da Camillo Olivetti (1868-1943), il colosso industriale specializzato inizialmente nella produzione di macchine da scrivere e, dopo la Seconda Guerra Mondiale, anche in altri settori come l’informatica o il calcolo meccanico, è un esempio aziendale di come imprenditori e progettisti hanno coadiuvato nella costituzione di una delle più importanti corporate identity realizzate nel XX secolo

L’importanza comunicativa e divulgativa delle pubblicità olivettiane viene messo in luce da Adriano Olivetti (1901-1960) il quale, figlio e successore di Camillo, negli anni Trenta inizia ad occuparsi dell’azienda e ne costruisce intorno un moderno pensiero sociologico sulla base del quale si costituivano tutti i prodotti, la comunicazione e gli spazi industriali stessi.

Questa modernizzazione comunicativa e progettuale viene accentuata dall’evoluzione delle grafiche promozionali dei prodotti firmati Olivetti. Il primo manifesto compare nel 1911, in occasione dell’Esposizione Internazionale dell’industria e del lavoro di Torino e realizzato per il lancio sul mercato della prima macchina da scrivere italiana: la M1. L’obiettivo era acquisire la fiducia del mercato e della società e Camillo Olivetti, affidando il progetto pubblicitario al pittore italo-tedesco Teodoro Wolf Ferrari (1878-1945), di certo non sbaglia mossa. Il risultato è una grafica in stile liberty che ha per protagonista Dante Alighieri che, con uno sguardo fisso e autorevole, indica la M1. Senza alcun fraintendimento, il padre della lingua italiana fa da testimonial e consiglia il prodotto firmato Olivetti; d’altronde, chi meglio di lui poteva garantire italianità e qualità del prodotto?

Teodoro Wolf Ferrari, manifesto per Olivetti, M1, 1911

Il manifesto dantesco traccia l’apertura verso la politica aziendale basata sulla comunicazione portata avanti, poi, con l’avvio dell’Ufficio Sviluppo Pubblicità nel 1931, costituito da un team grafico che rinfresca e modernizza lo stile attraverso messaggi più raffinati e rappresentazioni più elaborate. Oltre a ciò, dagli anni Cinquanta si cerca di rendere centrale la filosofia aziendale secondo cui un prodotto Olivetti dovesse essere pensato per tutti, senza esclusione di alcuno. L’obiettivo viene centrato con i progetti della macchina da scrivere portatile Lettera 22 (e i modelli successivi) e con il successivo modello portatile con custodia chiamato Valentine.

Nello specifico, la creazione della prima nel 1950 da parte dell’architetto e designer Marcello Nizzoli (1887-1969), cambia l’intera concezione del prodotto, diventando uno strumento di massa, utile alla vita quotidiana, comodo e accessibile a tutti. I manifesti, di conseguenza, lo mostrano come possibile dono intelligente da fare in occasioni di festività o strumento prezioso per lo studente, conferendogli un forte potere formativo.

Ed è proprio restando nella tematica scolastica che il grafico francese Raymond Savignac (1907-2002) firma un manifesto Olivetti nel 1953 con un’illustrazione semplice, colorata e carica di umorismo. Il Dante Alighieri del primo manifesto cede il posto a una bambina stilizzata il cui corpo, che sembra disegnato dalla stessa, è plasmato da lettere impresse a macchina su uno sfondo verde acceso. I messaggi veicolati dalla locandina sono molteplici, come la semplicità di utilizzo e la leggerezza del prodotto, che viene infatti sorretto senza alcuno sforzo da una fanciulla alle prime armi con la scrittura, o la felicità nel possedere lo strumento-giocattolo. Ne consegue un manifesto simpatico e vivace in cui una piccola donna mostra con fierezza il suo tesoro e ci chiede “Vuoi giocare con me?”

Raymond Savignac, manifesto per Olivetti, Lettera 22, 1953

Circa vent’anni dopo, Ettore Sottsass Jr. (1917-2007) propone sul mercato la Valentine. Dal 1969 la “Rossa Portatile”, premiata nel 1970 con il Premio Compasso d’Oro e entrata a far parte della collezione del MoMA di New York l’anno successivo, viene paragonata a un accessorio, a quel prodotto che c’è ma non ci si accorge che c’è, in quanto parte adattabile a qualunque contesto e completamente integrata nella vita di tutti i giorni. Sottsass progetta un’icona di stile, rinnovando così il mito della macchina da scrivere portatile, ma con un design anticonformista e accattivante che dal prodotto si riversa sulla grafica pubblicitaria utilizzata. Il mondo si colora, così, di manifesti freschi, in cui un oggetto rosso fuoco diventa sinonimo di trasgressione, innovazione e anche imperfezione, per discostarsi da quel rigore classico con cui la Olivetti si era precedentemente presentata sul mercato. 

Tra i vari grafici coinvolti nella creazione di immagini pubblicitarie per la Valentine, l’illustratore americano Milton Glaser (1929-2020), noto per aver concepito la commercialissima grafica I Love NY, nel 1969 prende alla lettera il carattere adattabile del prodotto e elabora un’immagine in cui riesce a inserirlo all’interno di una riproduzione dell’opera rinascimentale La morte di Procri (1486-1510 ca.) di Piero di Cosimo (1462-1522), senza rompere l’equilibrio compositivo. Infatti, la Valentine viene disegnata con lo stesso stile dell’olio su tavola e inserita tra i piedi della donna esanime e del cane. Se nell’intero dipinto, esposto alla National Gallery di Londra, l’animale è in secondo piano e posto laterale, nel manifesto di Glaser diventa centrale e acquisisce importanza, dando l’impressione di essere il guardiano della macchina da scrivere. Con questo manifesto, la Valentine diventa non solo un simbolo di adattabilità, ma anche di fedeltà, esattamente come il cane è da sempre considerato il miglior amico fedele dell’uomo.

Milton Glaser, manifesto per Olivetti, Valentine, 1969

Il caso Olivetti è stato rilevante non solo in termini di produzione ma anche e soprattutto storico per quanto riguarda il product e graphic design. Il tutto potrebbe riassumersi con la frase simple is beautiful, in cui semplicità, in termini funzionali e di utilizzo, va a braccetto con la bellezza. Due concetti che modificano le visioni precedenti industriali e mettono in gioco un design fatto di funzione ed estetica, entrambi sostanziali per la funzionalità del prodotto e il successo dell’impresa.

Lo stile Olivetti: uno dei casi più noti legati alla grafica aziendale