Karakaz è ciò che in Italia mancava da anni: rock malato, alieno, decadente, diretto e morboso.
L’alienazione è un tema centrale nelle opere di Samuel Beckett, in cui sono rappresentati mondi distopici, allucinogeni e disturbanti che emergono nel teatro dell’assurdo, genere teatrale che emerse nel secondo dopoguerra. Esso includeva opere che esplorano la natura caotica e priva di senso dell’esistenza umana, come “Aspettando Godot” e “Finale di partita”.
“Concepirai la mia messa in un orgasmo di lacrime… il tuo incantesimo strega infesterà le mie pagine, distorcerà la tua immagine”
Il Karakaz giacca e cravatta di “Useless” è giunto alla fine, Miguel non è più innocente come prima, si spoglia di ogni artifizio per mostrarsi sempre più carnale e viscerale. Voce, liriche e produzione in “Teatro dell’assurdo” danno vita a questa cornice lisergica e incredibilmente espressiva, un ulteriore tassello dell’immaginario sfaccettato del giovane artista, in cui sono presenti elementi e citazioni religiose ed esoteriche.
Come racconta lo stesso Karakaz, “Teatro dell’assurdo non è una canzone d’amore, è un reale desiderio di sofferenza, è bisogno di cure. È la necessità di farsi cullare dal dolore che può infliggere il sentimento, la passione, la mancanza, la perdita. Teatro dell’assurdo è un’assurda fantasia, uno scenario teatrale ai confini del circense dove in fondo spettatore e clown sono la medesima persona.”
La realtà per Miguel è quindi folle, distorta e la logica spesso manca. Il brano, energico e disturbante, cala l’ascoltatore in una teatralità cupa e ipnotica. Karakaz riesce a ricreare un territorio in cui cantare liberamente di perdita, dolore, abbandono, uno spazio in cui essere nudo di fronte all’intensità di queste emozioni. Il dolore è parte inevitabile della nostra vita ed è un elemento cruciale per comprendere i nostri sentimenti. L’idea che lo spettatore e il clown siano la stessa persona indica una sorta di doppia natura umana, in cui si può essere sia l’attore che lo spettatore della propria sofferenza.
La musica può creare un’atmosfera surreale e onirica, simile a quella di molte opere teatrali dell’assurdo. Nel brano, è la produzione che accompagna l’ascoltatore in un viaggio di suoni diretti e crudeli, tra sonorità rock dure, distorte e sperimentali, che riprendono atmosfere post-punk e industrial, reinterpretando e miscelando tra loro generi diversi creando un suono inedito e personale.
Anche il videoclip, ricalcando il brano, sembra voler provocare ed essere a tratti disturbante, utilizzando il simbolismo in modo significativo. Viene rappresentata la scena di un assassinio, in cui l’artista viene brutalmente ucciso a pugnalate dalla donna con la quale stava consumando un rapporto morboso e ossessivo, su un letto in riva ad una cascata. Ma la provocazione è sempre negli occhi di chi guarda e nelle orecchie di chi ascolta. Come nelle opere di Beckett, vi è un’assenza di una trama lineare. La narrazione è frammentata e i momenti chiave, come l’artista in volo quasi impossessato, spesso si ripetono, enfatizzando l’assurdità e l’irrilevanza delle azioni umane.
Con “Teatro dell’assurdo”, Karakaz ha gettato le fondamenta del suo essere, artistico e umano, sulla sincerità e sulla purezza. In fondo, cosa c’è di più disturbante e spaventoso di una persona maledettamente sincera?