Nel panorama musicale contemporaneo, la canzone non è solo intrattenimento: è un riflesso del contesto sociale, economico e culturale in cui viviamo. “odio, quindi sono.” di Rkomi, pubblicato a sorpresa su Instagram il 1° dicembre 2024 dopo l’annuncio di Carlo Conti della sua partecipazione al prossimo Festival di Sanremo, è un esempio lampante di come la musica possa affrontare tematiche sociali profonde, trasformandosi in una lente critica sul nostro tempo, facendoci riflettere sul ruolo della critica sociale nell’industria discografica.

Il titolo “odio, quindi sono” richiama provocatoriamente il celebre “Cogito, ergo sum” di Cartesio, suggerendo che l’odio, e non il pensiero razionale, sia il fondamento dell’identità moderna. In un’epoca in cui l’empatia e la solidarietà appaiono sempre più marginali, Rkomi riflette su come l’odio sia divenuto una sorta di collante sociale: un sentimento condiviso, che plasma relazioni, ideologie e interazioni quotidiane.

Mirko mette in luce una tendenza che sta emergendo sempre più chiaramente nell’industria musicale: il ritorno alla schiettezza. In un mercato discografico dominato da produzioni patinate e testi superficiali, questo brano si distingue per la sua brutalità. Il linguaggio crudo e immediato non è casuale, ma risponde a un’esigenza di autenticità sentita da un pubblico sempre più frammentato e disilluso. In un’era in cui la musica si consuma rapidamente, un testo come quello di Rkomi riesce a catturare l’attenzione, stimolare la discussione e generare una connessione emotiva profonda, un risultato ambito in un settore competitivo come quello discografico.

Il brano è una testimonianza di come gli artisti si facciano portavoce delle contraddizioni della nostra epoca. L’industria musicale ha da sempre giocato un ruolo chiave nel raccontare i cambiamenti sociali: dai canti di protesta degli anni ’60 alla trap che fotografa le difficoltà dei giovani nei quartieri periferici. Rkomi si inserisce in questa tradizione, ma lo fa con un approccio contemporaneo, riflettendo sul peso dell’odio in una società iperconnessa e polarizzata. Il brano tocca temi come l’individualismo, il consumismo, la disuguaglianza e l’alienazione, fenomeni che l’industria discografica stessa contribuisce a plasmare. 

Brani come questo pongono una sfida all’industria discografica: fino a che punto la musica può fungere da strumento di critica senza perdere il suo potenziale commerciale? In questo contesto, la scelta di Rkomi di pubblicare il brano inizialmente solo su Instagram assume un significato particolare. Non solo si adatta alle dinamiche di una generazione abituata a consumare contenuti in modo immediato, ma ridefinisce il rapporto tra artista e pubblico, rendendolo più diretto e personale. Questa strategia risponde anche alle logiche di marketing dell’industria musicale moderna, in cui il valore dell’artista non è solo legato alle vendite, ma anche all’engagement che riesce a generare.

Il brano si conclude con una visione quasi apocalittica, in cui tutto sembra essere corrotto dall’odio. Tuttavia, dietro questa denuncia cruda e senza filtri, si intravede una richiesta implicita di cambiamento. Rkomi non offre risposte o soluzioni, ma il suo linguaggio evocativo e brutale stimola una presa di coscienza collettiva. All’interno dell’industria discografica, brani come questo rappresentano un’opportunità per riconsiderare il ruolo degli artisti come narratori e critici, capaci di trascendere i confini del mercato per influenzare la cultura in senso più ampio.

“odio, quindi sono.” ci ricorda che la musica è più di un prodotto da consumare: è un mezzo potente per interpretare e influenzare il nostro mondo. L’industria discografica, sebbene orientata al profitto, ha il potenziale per sostenere progetti che non solo intrattengono, ma provocano riflessione. L’artista, con questo brano, apre un dibattito che va oltre la musica, interrogandosi sulle dinamiche di potere, sulle relazioni sociali e sul ruolo dell’arte nel nostro tempo. In un’epoca in cui “tutto ha un prezzo e niente ha valore”, canzoni come questa rappresentano una sfida e un’opportunità per l’industria musicale: quella di riscoprire il suo ruolo come forza culturale capace di plasmare il futuro. E bravo Mirko, ci eri mancato.

Il ruolo della critica sociale nell’industria discografica