Creative Europe:
L’Europa sostiene la cultura, ma l’Italia è pronta?

Negli ultimi anni, la Commissione Europea ha finalmente riconosciuto l’importanza dei settori culturali e creativi come leve fondamentali per lo sviluppo economico e sociale, soprattutto dopo gli anni limitanti del periodo covid. Con il programma Creative Europe 2021-2027, l’Unione Europea ha stanziato 2,5 miliardi di euro per sostenere la cultura, compresa la musica. Questo programma include iniziative importanti come il Music Moves Europe il cui fondamentale obiettivo è sostenere la distribuzione sostenibile della musica prestando particolare attenzione agli eventi dal vivo e alla digitalizzazione nel settore musicale con un budget di circa 40 milioni di euro. Tuttavia l’Italia non sembra sfruttare appieno questi finanziamenti.

Finanziamenti culturali in Italia:
Dove finiscono i fondi italiani?

In Italia, il finanziamento pubblico alla cultura è principalmente gestito dal Ministero della Cultura (MiC). Nonostante un incremento del budget generale nel 2024 a circa 1,8 miliardi di euro, solo una piccola parte di questi fondi viene destinata alla musica. Si stima infatti che meno del 5% del budget del Mic sia riservato a progetti musicali, ma soprattutto la maggior parte dei finanziamenti vengono affidati a eventi consolidati da tempo e ai grandi festival come ad esempio il Festival di Sanremo. Questo approccio, fortemente orientato ad aiutare eventi ampiamente affermati e riconosciuti a livello internazionale, lascia poco spazio a festival emergenti e a eventi locali che fanno fatica a sostenere le spese organizzative inclusa la ricompensa economica degli artisti emergenti che spesso non sono remunerati in modo adeguato.

Negli ultimi dieci anni, il finanziamento per la cultura in Italia ha subito oscillazioni:

2024: Incremento del 10% rispetto al 2023, ma con fondi ancora distribuiti in modo sbilanciato.
2010-2016: Tagli significativi per via della crisi economica.
2017-2023: Incrementi graduali, con l’impulso dato dai fondi del PNRR.

Cultura e Governo Meloni:
Tante dichiarazioni, poche soluzioni

Dal suo insediamento, il governo Meloni ha sì dichiarato l’intenzione di utilizzare la cultura come leva di sviluppo economico ma nonostante le dichiarazioni, l’effettivo sostegno alla cultura e al settore musicale è stato limitato e ricordato dalle clamorose figuracce dei suoi ministri.

Alcune delle iniziative chiave del governo riguardanti la musica includono:

  • Promozione di eventi nazionali di grande richiamo: come detto in precedenza questi eventi, pur attirando ampio pubblico, tendono a supportare principalmente artisti già affermati e tendono a essere più utili alla vendita di un prodotto più che a portare innovazione nel panorama musicale italiano. 
  • Digitalizzazione di archivi e risorse musicali: Anche se utili, tali progetti non portano nessun beneficio diretto agli artisti emergenti, spesso ignorati nelle politiche culturali.
  • Incremento del budget: Nonostante l’aumento generale, il budget specifico per eventi musicali e per il sostegno a artisti emergenti non ha subito significativi incrementi.
  • Progetti di sostegno: I progetti di finanziamento per la musica sono spesso limitati a bandi annuali, rendendo difficile per molti artisti pianificare attività a lungo termine.

Frammentazione culturale:
La musica italiana vittima delle politiche disconnesse

Le politiche culturali del governo Meloni e la gestione dei fondi europei per la musica in Italia hanno sollevato diverse critiche, in particolare per la loro scarsa inclusività e la mancanza di supporto strutturale alle piccole realtà musicali. Le principali problematiche includono:

  • Burocrazia e accesso ai fondi: I requisiti burocratici per accedere ai fondi pubblici sono complessi e penalizzano le piccole etichette e gli artisti indipendenti.
  • Disuguaglianza regionale: Le regioni meridionali soffrono di un accesso limitato ai fondi culturali rispetto al Nord, una disparità che perpetua le differenze economiche e sociali tra le diverse aree del paese. Iniziative come il Meccanismo per la Ripresa e la Resilienza (NextGenerationEU) hanno rafforzato questa disparità, distribuendo una quota maggiore di risorse nelle regioni settentrionali e penalizzando di fatto le realtà culturali meridionali che rimangono molto spesso abbandonate a se stesse. Il Nord Italia riceve una percentuale maggiore di fondi, grazie alla presenza di infrastrutture consolidate e progetti di maggiore rilevanza economica. Esempio: La Lombardia riceve il 15% del budget nazionale per la cultura, mentre la Calabria riceve meno del 2%.
  • Mancanza di unità nelle politiche: Le politiche culturali italiane sembrano essere ancora frammentate tra livello nazionale e locale, senza una visione coerente che possa realmente valorizzare la musica come settore economico di rilievo. Il risultato è che le risorse destinate alla musica non vengono distribuite in modo omogeneo, creando squilibri e mancanza di supporto per chi davvero ha bisogno di investimenti e visibilità.

Gli artisti e le realtà musicali italiane continuano a lottare per accedere ai fondi europei per via dell’elevata competizione per i finanziamenti, infatti delle domande italiane solo una minima parte viene accettata, questo perché la Commissione Europea pone un forte accento sulla sostenibilità e l’innovazione digitale.

Facendo un confronto tra il finanziamento musicale dell’Italia con altri paesi europei si capisce che nonostante l’enorme patrimonio culturale, l’Italia è in ritardo sia in termini di investimenti che di vero e proprio accesso ai fondi. La Germania investe annualmente circa 2,1 miliardi di euro in cultura, con un focus importante sulle realtà emergenti, in egual modo la Francia che dedica circa 3,2 miliardi di euro, con programmi specifici per artisti indipendenti.

Il panorama degli investimenti per la cultura e la musica in Italia nel 2024 riflettono un insieme di sfide che paiono impossibili da risolvere, soprattutto perché non viene effettivamente fatto nulla di concreto per cercare di arginare la decadenza culturale che stiamo affrontando negli ultimi anni nel nostro paese. Il settore musicale e culturale italiano ha un enorme potenziale che se venisse anche solo minimamente preso in considerazione e sostenuto potrebbe mettere in moto una crescita culturale, sociale e economica inaudita. Se l’uso dei fondi europei venisse distribuito in modo più equo e utile al rinnovamento della cultura musicale italiana, e non solo limitato al mero ritorno economico dei grandi festival come il festival di Sanremo, l’Italia potrebbe veramente diventare un modello di riferimento in Europa.

Il futuro incerto della musica italiana nel panorama europeo