Cosa ci fa un pupazzo di neve in un frigorifero? No, non è l’inizio di una barzelletta, ma la geniale e surreale invenzione del duo di artisti svizzeri Peter Fischli e David Weiss. La loro opera Snowman, una scultura destinata a non sciogliersi mai, è un piccolo miracolo della tecnologia e dell’immaginazione che, dal 1987, continua a catturare l’attenzione di critici, curiosi e amanti dell’arte.

La storia di Snowman inizia in modo del tutto prosaico: un incarico. Fischli e Weiss ricevettero la commissione dalla centrale termica Römerbrücke a Saarbrücken, in Germania, per realizzare un’opera d’arte che sfruttasse l’energia in eccesso prodotta dall’impianto. La soluzione? Creare un pupazzo di neve che non si scioglie mai, racchiuso in un frigorifero alimentato proprio da quell’energia.

Ma qui viene il bello. Fischli e Weiss non si accontentarono di costruire un semplice pupazzo di neve con materiali sintetici. No, decisero di rendere il processo tanto naturale quanto ironicamente artificiale. Il pupazzo è infatti costituito da uno scheletro di rame, costantemente ricoperto di ghiaccio grazie al sistema di ventilazione del frigorifero. Un dettaglio che rende l’opera tanto semplice quanto meticolosa – qualcuno deve ridisegnare quotidianamente occhi e sorriso del pupazzo per mantenerne l’espressione.

Come gran parte della produzione di Fischli e Weiss, anche Snowman si muove su un filo sottile tra il gioco e la riflessione. Nonostante le apparenze, non si tratta di un’opera dal messaggio apertamente ecologico, come ha dichiarato lo stesso Fischli: “Era una commissione. Volevano qualcosa che dipendesse dall’energia della centrale. Se mai il pupazzo è una metafora della dipendenza e della cura: qualcuno deve prendersi cura di lui.”In un’epoca in cui il dibattito sul cambiamento climatico è più acceso che mai, il Snowman è però inevitabilmente letto come un simbolo del nostro rapporto precario e contraddittorio con la natura. Un pupazzo di neve alimentato dall’elettricità, che per esistere sfida il proprio destino naturale, è un ossimoro vivente (o congelato?) che fa sorridere, ma anche riflettere.

Nel corso degli anni, il Snowman ha viaggiato e si è evoluto, adattandosi a diverse tecnologie di raffreddamento. Nel 2016, una versione dell’opera è stata esposta al Museum of Modern Art di New York, alimentata da un compressore da 4.000 Btu, l’equivalente di un normale condizionatore domestico. Anche lontano dalla centrale di Saarbrücken, il pupazzo è rimasto fedele alla sua missione: non sciogliersi mai.

Alla fine, il Snowman non è solo una dimostrazione di abilità tecnica o di ironia artistica, ma una meditazione sul concetto di cura e dipendenza. Perché, come sottolineato dagli stessi artisti, qualcuno deve sempre prendersi cura di lui. Forse è proprio questo il messaggio più profondo dell’opera: anche il più banale dei simboli, come un pupazzo di neve, può insegnarci qualcosa sul nostro rapporto con il mondo e con gli altri. E allora, che sia in una centrale elettrica, in un museo o nei nostri pensieri, il Snowman continua a vivere, ricordandoci che l’arte è fatta di meraviglia, contraddizione e un pizzico di ironia – proprio come la vita.

Il pupazzo di neve che non si scioglie mai: quando l’arte sfida la natura