In Italia MTV (acronimo di Music Television) non esiste più da quasi un decennio, almeno nella sua forma storica, quella che nel 1997, arrivò portando da oltreoceano videoclip, inizialmente brevi e semplici, che ben presto si trasformarono in potenti strumenti di promozione musicale. E’ l’epoca dei VJs (un neologismo nato dal gioco di parole legato a DJ) giovani della porta accanto, dal carattere decisamente pop e spigliati che lanciavano i video musicali che venivano riprodotti. 

Programmi come Select, una sorta di tele-jukebox in cui gli spettatori potevano richiedere un video musicale in diretta con una telefonata (sembra passato un secolo, ma sono “solo” 20 anni) o brand:new, che offriva una programmazione di tutto rispetto, che un tempo rientrava sotto l’unica etichetta di “musica alternative”, caratterizzata dalle elucubrazioni esistenziali di Massimo Coppola resteranno solo nei nostri ricordi (n.d.r. ma brand:new sta davvero per tornare?). Oggi classifiche e charts sono determinate da altri criteri e piattaforme, e la musica si esplora attraverso modalità completamente diverse. Ma facciamo un passo indietro, per esplorare l’importanza del videoclip

Gli anni ’80

Gli anni ‘80 videro la nascita di canali tematici come Country Music Television (1983), MuchMusic in Canada (1984), e MTV Europe (1987). Nel frattempo, in Italia nacque Videomusic, la prima emittente musicale europea, fondata nel 1984. Il primo video musicale ad essere trasmesso su MTV fu “Video Killed the Radio Star” (e sì, fa ridere) dei The Buggles, nel 1981.

Con l’approdo di MTV e altre reti musicali, il videoclip divenne essenziale per il successo commerciale dei brani. Thriller di Michael Jackson, diretto da John Landis nel 1983, rappresenta il punto di inizio, il primo video che prevedeva una vera e propria produzione dietro. Questo video, girato come un film, introdusse nuovi standard di qualità e budget, con un costo di 800.000 dollari. Più il videoclip diventa una prassi consolidata per il lancio di nuovi singoli o album, più non si limita a essere un semplice strumento promozionale, ma si trasforma in un vero e proprio mezzo di comunicazione e di rivoluzione. I video di Michael Jackson, come Billie Jean” e “Beat It”, furono fondamentali per abbattere le barriere razziali su MTV, che inizialmente trasmetteva raramente clip di artisti afroamericani.

Un esempio più recente di questa tendenza è il video di “Formation” di Beyoncé, diretto dalla regista Melina Matsoukas. Il video, che esplora e celebra momenti significativi della storia afroamericana, è stato acclamato per la sua potente narrazione visiva e il suo impatto culturale. Tanto da essere eletto video più bello di sempre dalla rivista Rolling Stone. I video musicali divennero anche uno strumento potente per esprimere trasgressione e sfidare le convenzioni sociali e culturali. Un esempio emblematico è “Like a Prayer” di Madonna, che suscitò l’indignazione del Vaticano, accusato di sacrilegio ed eresia. Il video, infatti, mostrava crocifissi che bruciavano, stigmate e immagini di santi rivisitate in chiave sessuale, provocando un dibattito acceso su religione, arte e libertà d’espressione. Un altro esempio di utilizzo del video per affrontare temi di libertà e identità fu “Outside” di George Michael, il suo primo singolo dopo lo scandalo che lo coinvolse mesi prima. Con questo brano, l’artista fece pubblicamente coming out, rompendo il silenzio sulla sua sessualità.

Gli anni ’90

Nel 1992, MTV iniziò a riportare il nome dei registi nei crediti, sancendo il riconoscimento del videoclip come forma d’arte. Registi come Michel Gondry, Spike Jonze e Chris Cunningham introdussero una visione personale e innovativa, trasformando i videoclip in opere d’arte visiva. Questo periodo vide un’evoluzione stilistica e tecnica che consolidò il videoclip come mezzo espressivo autonomo. Nacquero vere e proprie collaborazioni artistiche tra alcuni artisti e registi come quella tra Spike Jonze e i Beastie Boys, che diede vita a progetti straordinari portando a una serie di videoclip memorabili. 

Gli anni 2000

Il videoclip è davvero scomparso o è sopravvissuto alla morte della tv musicale trovando spazio su nuovi media?

Con il lancio di YouTube nel 2005, il videoclip subì una trasformazione radicale. La piattaforma e altri portali come Vimeo e Dailymotion resero accessibile un’enorme quantità di contenuti audiovisivi, amplificando il raggio d’azione degli stessi. Band come gli OK Go hanno sfruttato il web per diffondere video innovativi, low budget e virali come “Here It Goes Again” con ben 66 milioni di visualizzazioni su YouTube (dopo le 52 milioni di visualizzazioni ottenute inizialmente, prima di essere rimosso e caricato nuovamente su Vevo). Il video ha persino fatto guadagnare alla band un Grammy Award nel 2007 per il “Miglior Video Musicale” e il diritto eterno di vantarsi per essere uno dei primi video virali ad aver fatto la storia di Internet. Con l’arrivo degli altri social media, infatti, il potenziale del videoclip si è ampliato, favorendo la quantità a discapito della qualità, senza però compromettere la sua efficacia.

I videoclip da record

Siamo ormai lontani dai tempi in cui venivano realizzati video musicali dal costo esorbitante, che stabilivano record su record.

Solo per ricordarne qualcuno, il già più volte citato Michael Jackson ne detiene diversi: “Ghosts” (1996) era considerato il videoclip più lungo (39 minuti e 32 secondi) prima di essere superato da “Happy” di Pharrell Williams (24 ore). Più recentemente, il record è stato attribuito ad Alfa con un videoclip di 25 ore. Il record di videoclip più costoso al mondo è stato raggiunto nel 2006 dal videoclip di “From Yesterday” dei Thirty Seconds to Mars con ben 13 milioni di dollari spesi per la realizzazione del video seguito da “Scream” dei due fratelli Jackson, Michael e Janet, (7,5 milioni) e “Work Bitch” di Britney Spears (6,5 milioni).

Da strumento promozionale legato ai canali televisivi, i videoclip sono diventati negli anni espressione artistica di alcuni dei più importanti registi capaci di unire musica, linguaggio cinematografico e tecnologia. Tuttavia, con l’avvento delle nuove piattaforme digitali e dei social media, il loro ruolo centrale nella promozione musicale è cambiato radicalmente. Oggi, i videoclip si mescolano con contenuti brevi e interattivi, adattandosi a nuove dinamiche di consumo e fruizione. Ciò che un tempo era il cuore della comunicazione visiva di una band ora è solo una parte di un panorama digitale.

L’importanza del video musicale: da strumento di promozione a forma d’arte